Come si ama un uomo io non lo so. Non ho strategie, non ho piani, improvviso e parto sempre da una risata strana che mi fa storcere la bocca. E quell’angolo tirato in su, come la cocca allungata di un fazzoletto, alla fine mi frega sempre.
Come si ama un uomo che non si ama più?
Non intendo un uomo di passaggio, uno di quelli che al massimo ti sono piaciuti. Io mi riferisco a quelli che ti hanno dimostrato che l’amore esiste, quelli di cui non ti ricordi un “prima” e per cui pensavi non ci sarebbe mai stato un “dopo”. Quelli che ti hanno guardata e finalmente vista, che hanno sbirciato là in fondo, tra le tue manie, le imperfezioni polverose, gli scheletri, le fissazioni, i ricordi di un passato che volevi cancellare e i sogni che non riuscivi a tirare fuori perché ne avevi paura. Quelli che ci hanno pescato a mani piene in quel baule che tenevi nascosto e sono rimasti lì, a volte dimostrandoti che con uno spiraglio di luce non era poi così male quello che tenevi là dentro. Anzi…
Quelli che hanno amato il tuo corpo in mille forme: più magro, più sodo, più sformato, più invecchiato. Che lo amavano più di quanto lo amassi tu.
Quelli a cui hai creduto e a cui hai chiesto di crederti.
Quelli che ti hanno protetto e che tu hai protetto, da tutto e da tutti. Ma che non puoi proteggere da te.
Quelli che hai visto piangere e che hanno visto piangere te, con cui ti sei addormentata e con cui sei stata sveglia notti insonni; quelli con cui hai superato tutto, ma alla fine proprio tutto no.
Come si ama un uomo così?
Anche questo non lo so.
Forse si ama tenendo vivo il ricordo e non rinunciando a nessuno dei giorni, più o meno belli, che sono stati condivisi, perché sono le scarpe che vi hanno rivestito e protetto per arrivare fin qui.
Si ama con le parole dette piano e con quelle urlate, perché anche se non se ne ha intenzione, quando ci si lascia, ci si fa un po’ male. Sempre.
Si ama con la verità e poi con i silenzi e l’assenza: la prima quando ci si rende conto che restare è impossibile e il resto quando farsi vedere può causare ancora dolore. Poi si ama tornando presenti, quando invece si vuole dimostrare che ci siamo; in un altro modo, sformate, come lo era a volte il nostro corpo, ma si è ancora lì.
Si ama con la riconoscenza per tutto quello che si è avuto, perché se adesso sappiamo cosa vuol dire essere amate, è grazie a lui. E grazie a lui sappiamo quando ci mettono sotto il naso una brutta riproduzione di quello che dovrebbe essere un pezzetto di felicità.
Si ama col rispetto, con una tenerezza e un affetto che sono cambiati.
Si ama con l’onestà e la trasparenza: quella del nostro amore di donna prima e della necessità di andarsene dopo.
Si ama con la pazienza e la resistenza alle recriminazioni, alle frasi dette senza volere, alle insinuazioni e alla rabbia. Perché chi decide non ha il diritto di soffrire – “Cosa ti lamenti? Non è quello che volevi?” – figurati se può permettersi di consolare, protestare o dare spiegazioni. Che poi a volte di spiegazioni da dare ce ne sono poche. Perché l’amore te lo puoi risistemare in testa e ti torna tutto, ma lui ti ricorda che non è una formula matematica, un calcolo, un puzzle e scappa, si sposta, scompare, cambia. E fa cambiare anche te o tu fai cambiare lui.
Come si ama un uomo che non si ama più io non lo so. Ma lo faccio ogni giorno, perché ad amare forse non ho imparato ma a smettere nemmeno.
Forse non si dovrebbe chiamarlo nemmeno amore perché quello, in effetti, non c’è più.
Ma è qualcosa di diverso dal “bene” e la parola “amicizia” sembra una bestemmia. Perché il passato è chiaro, la tua scelta pure, il futuro ti fa paura anche se non lo puoi dire, eppure tornare indietro non lo faresti mai.
Perché quel sentimento che ora non puoi più chiamare con quel nome ti ha nutrito e ti sembra giusto non dimenticarlo, dargli un posto, perché sarà sempre uno spazio denso e fondamentale della tua vita. E per adesso lo guardi e ringrazi. Ringrazi e basta.
«Queste cose la gente le chiama imperfezioni, ma non lo sono. Sono la parte essenziale. Poi dobbiamo scegliere chi fare entrare nel nostro piccolo strano mondo.» (da Will Hunting – Genio Ribelle)